venerdì 4 dicembre 2020

La riforma del lavoro sportivo: cosa cambierà?


Il Governo ha approvato il 24 novembre scorso, uno “schema” di Decreto Legislativo dedicato al lavoro sportivo. La parola “schema” non tragga in inganno.  Vero è che dovrà acquisire nei prossimi novanta giorni l’intesa della Conferenza permanente Stato-Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari per essere poi formalmente deliberato dal Consiglio dei Ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica. Ma si tratta di un provvedimento che considerata la ferma ispirazione ideologica di uno dei partiti di maggioranza, appare particolarmente blindato. Sarà dunque legge indicativamente per la fine di febbraio, anche se per le norme specifiche relative al lavoro sportivo è prevista un’entrata in vigore al 1 settembre 2021. Sintetizzando, margini di manovra ci sarebbero ma “i giochi” sono del tutto interni alla maggioranza

Ma analizziamo qualche articolo di questo “schema” di Decreto Legislativo:

L’art.29 del decreto definisce come amatori (volontari, per intendersi), coloro che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro neanche indiretti, ma esclusivamente  per finalità amatoriali a favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, FSN, DSA ed EPS. E’ prevista inoltre l’espressa incompatibilità con qualsiasi forma di lavoro con l’ente tramite il quale il volontario-amatore svolge l’attività amatoriale e l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività amatoriale, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.

Nell’ambito sportivo dilettantistico è possibile riconoscere ai volontari/amatori  i compensi indicati dall’art.67 comma 1 lett.m) che tuttavia vengono ridefiniti come segue :

  1. a) indennità di trasferta e rimborsi forfettari di spesa;
  2. b) premi e compensi “occasionali” in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive;

Fin qui, poco cambierebbe se non intervenissero due successive disposizioni:

  • l’ art.36 comma 7 per cui la qualificazione come “redditi diversi” ai sensi della lett.m) si intende operante sia a fini fiscali che previdenziali soltanto entro il limite di 10.000 euro (mentre ad oggi la soglia opera esclusivamente a fini fiscali essendo i redditi diversi esclusi da contribuzione, indipendentemente dal loro ammontare);
  • l’29 comma 2 dove si legge che nel caso di indennità di trasferta e rimborsi spese forfettari che superino la soglia di esenzione, le prestazioni sportive sono considerate di natura professionale per l’intero importo.

Semplificando ed esemplificando:  il collaboratore sportivo amatoriale potrà percepire nei limiti di euro 10.000 annui, soltanto indennità di trasferta e rimborsi spese forfetari, quindi emolumenti correlati ad una “specifica attività” che richieda un rimborso delle spese sostenute o comunque un indennizzo non avente alcuna natura di corrispettivo. Oppure premi e compensi occasionali, non correlati all’attività svolta in termini di tempo e di prestazioni ma riconosciuti per il risultato ottenuto nelle competizioni sportive. Ma come si farà in pratica a distinguere tra rimborsi forfettari e compensi non occasionali (in quanto tali vietati dalla nuova norma)?

Sono invece considerati “lavoratori sportivi” secondo l’art.25 : gli atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara senza distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, che esercitano l’attività sportiva a titolo “oneroso”, fatte salve le prestazioni amatoriali.

Ricorrendone i presupposti, l’attività di lavoro sportivo potrà costituire oggetto di:

  • rapporto di lavoro subordinato;
  • rapporto di lavoro autonomo anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409 n.3 c.p.c.;
  • prestazione occasionale secondo la disciplina della c.d. PrestO di cui all’art. 54 bis del D.L. n. 50/17 convertito in L. 96/17.

Lo schema di decreto individua quindi la figura del lavoratore sportivo, ma non introduce una tipizzazione del rapporto (per cui si dovrà caso per caso verificare se sussistono le condizioni per inquadrare il collaboratore come dipendente o autonomo in base alle regole ordinarie).

Per quanto concerne le co.co.co a carattere amministrativo-gestionale, queste vengono trattate all’art. 37: attività di carattere amministrativo-gestionale resa in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, delle FSN, DSA ed EPS.

Anche per tali rapporti – di natura non professionale – la qualificazione come redditi diversi opera sia a fini fiscali che previdenziali fino al limite di 10.000 euro e quando gli importi corrisposti superano il predetto limite, le prestazioni sono considerate di natura professionale per l’intero importo.

Si applica anche al settore sportivo la disciplina della Prest0.: è quindi consentito l’impiego di lavoratori occasionali purché le ASD/SSD abbiano meno di 5 dipendenti a tempo indeterminato. Si ricorda che l’importo massimo erogabile è di euro 5000 per ogni prestatore ma con il limite di euro 2500 per il medesimo utilizzatore.

Infine vediamo una importante innovazione che riguarda il trattamento assicurativo, pensionistico e tributario

Valgono le regole comuni in materia di tutele e prestazioni dei lavoratori, rapportate al tipo di rapporto instaurato (autonomo anche in forma coordinata continuativa o subordinato).

Relativamente al trattamento pensionistico l’art.35 dispone come segue:

  1. I lavoratori subordinati sportivia prescindere dal settore professionistico o dilettantistico e, ricorrendone i presupposti, i lavoratori autonomi anche in forma di co.co.co., del solo settore professionistico, dovranno essere iscritti al fondo pensioni per gli sportivi professionisti istituito presso l’INPS – ex ENPALS, il quale assumerà la denominazione di “Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi”.
  2. I lavoratori sportivi titolari di contratto di co.co.co o che svolgono prestazioni autonome o prestazioni autonome occasionali nei settori dilettantistici saranno iscritti nella c.d. “gestione separata” INPS ex L. 335/1995 e verseranno le seguenti aliquote:
  • lavoratori che risultano assicurati presso altre forme obbligatorie, il 10%;
  • titolari di co.co.co o autonomi occasionali non assicurati presso altre forme obbligatorie, il 20% per l’anno 2021, 24% per l’anno 2022, il 30% per l’anno 2023, il 33% per l’anno 2024;
  • lavoratori autonomi non assicurati presso altre forme obbligatorie, il 15% per l’anno 2021, 20% per l’anno 2022, il 22% per l’anno 2023, il 25% per l’anno 2024.

Facciamo presente che nel disegno di legge di bilancio per il 2021 risulta inserita una previsione di esonero contributivo  per il 2021 e 2022 (50 milioni di euro per ciascun anno) nel settore sportivo dilettantistico. Si tratta a nostro avviso di un provvedimento economico del tutto inadeguato a sostenere il settore sportivo, che risulta peraltro tra i comparti maggiormente penalizzati dalle misure di contenimento Covid. Ricordiamo che il mondo sportivo perde 1 miliardo al mese. Era opportuno caricare questo mondo di ulteriori oneri non così lontani nel tempo a venire?

Il nuovo art.67, ha lo scopo di garantire le tutele ai lavoratori di fatto e per fare emergere il lavoro sommerso.  Ma si nutrono dubbi sull’adeguatezza delle scelte adottate considerato che l’impatto economico della riforma potrebbe porterebbe alla chiusura di molteplici realtà sportive e comunque alla penalizzazione degli operatori dello sport. Comprensibile lo scopo di tutelare i lavoratori, ma siamo certi che l’inquadramento come lavoratore di uno studente che per passione ma anche per pagarsi gli studi riceve compensi corrispettivi es. di 3000 euro insegnando judo ai bambini sia una decisione utile allo stesso? Molto più probabilmente la ASD/SSD che si avvale della sua collaborazione vi rinuncerà a favore di pochi lavoratori selezionati, con effetti a cascata sulla promozione sportiva che per un verso registrerà un aumento dei costi a carico delle famiglie (con buona pace della promozione sportiva di base accessibile per tutti)  e per altro verso vedrà diminuito il numero delle realtà che operano sul territorio, disperdendo così un patrimonio di  valori educativi e sociali, fondamentale anche in termini di salute preventiva.

Sintetizzando, la ratio della norma è quella di disciplinare il rapporto di lavoro in ambito sportivo con un ridimensionamento del regime dei redditi diversi di cui all’art. 67 co.1 lett. m) T.U.I.R., che risulterà circoscritto alle sole prestazioni a carattere amatoriale. Una riforma di questo tipo, appare discutibile ed inopportuna in questo particolare momento. Come detto sono previsti dei correttivi anche economici, che ne favoriranno un impatto graduale sulle già provate risorse delle ASD/SRL SD affiliate ad EPS e FSN, ma i costi e gli oneri aggiuntivi derivanti dall’inquadramento lavoristico di molti collaboratori, sarà impattante.

Confidiamo con poche speranze che l’iter parlamentare di questo “schema” di Decreto Legislativo dedicato, riesca a correggere le gravi criticità evidenziate. Ma considerato il ruolo meramente consultivo di Conferenza Regioni e delle stesse Commissioni Parlamentari in questo contesto, non siamo particolarmente ottimisti.

|di Andrea Albertin, Avvocato del Foro di Padova|